Saper conquistare la benevolenza altrui con la retorica certamente è un’arte tesa ad ottenere il consenso dell’uditore. Ma se la captazione è rivolta all’eredità la questione si complica.

Mi viene chiesto, di frequente, se sia possibile impugnare un testamento, anche pubblico, che si ritenga essere il frutto di una volontà testamentaria non libera ma condizionata dall’ altrui inganno.

La risposta è certamente positiva: è possibile impugnare e domandare l’annullamento del testamento quando si ritiene che la volontà testamentaria sia stata condizionata mediante un concorso di mezzi fraudolenti idonei a trarre in inganno il testatore, inducendolo a disporre diversamente da come avrebbe spontaneamente fatto se la sua volontà non fosse stata indirizzata con l’inganno.

La questione giuridica

La questione rientra nella previsione normativa dell’art. 624 cod.civ. ai sensi del quale il testamento può essere impugnato – e pertanto si può richiedere l’annullamento dello stesso – “da chiunque vi abbia interesse quando è l’effetto di errore, di violenza o di dolo”.

La norma puntualizza al co. 2 che “l’errore sul motivo, sia esso di fatto o di diritto, è causa di annullamento della disposizione testamentaria, quando il motivo risulta dal testamento ed è il solo che ha determinato il testatore a disporre”.

Nessun problema a livello concettuale, ma in cosa consiste esattamente la captazione e come si fa a dimostrare il dolo testamentario?

Partiamo da un presupposto, necessario quanto sufficiente ad introdurre l’argomento: il testamento è l’atto che contiene le ultime volontà di un individuo, è un atto personalissimo e, in quanto tale, non può essere delegato a terzi.
Questa scelta legislativa è volta ad ovviare ad una qualsivoglia influenza estranea nella determinazione delle intenzioni del testatore ed è finalizzata a garantire a quest’ultimo la libertà da qualsiasi condizionamento esterno.

Cos’è la captazione?
La captazione si verifica quando la causa di annullamento del testamento consiste nel dolo.
Per captazione si intende, infatti, il comportamento di chi, con fittizie manifestazioni di affetto, pressioni psicologiche o menzogne di vario genere voglia suggestionare e plagiare la volontà del testatore attraverso una falsa rappresentazione della realtà che lo indurrà a far beneficiare del suo patrimonio persone diverse da chi avrebbe voluto.

Chi ritiene che la volontà del testatore sia stata deviata attraverso inganni e raggiri, può impugnarlo per ottenerne l’annullamento, facendo valere la captazione o dolo testamentario, nel termine di cinque anni dal giorno in cui si è avuta notizia del dolo.

Approfondisci

Ai fini della prova del dolo, non è sufficiente dimostrare che sia stata messa in atto una pressione psicologica sul testatore.
La manipolazione di per sé non basta per annullare un testamento, perché occorre che venga dimostrato l’utilizzo di altri mezzi fraudolenti a conferma del nesso causale con le condizioni personali del testatore, idonee appunto a trarlo in inganno fino al punto da indurlo ad esprimere una volontà testamentaria che, in mancanza dell’inganno e della falsa rappresentazione della realtà, non avrebbe espresso.

La prova dell’attività fraudolenta a danno del testatore spetta pertanto a chi chiede l’annullamento del testamento e può essere confermata con qualsiasi mezzo, comprese le presunzioni, intese come le conseguenze che il giudice può trarre da un fatto noto, un ricatto documentato – ad esempio – che permetta di risalire al condizionamento della volontà testamentaria. Non è sufficiente una qualsiasi influenza psicologica ma, come ben chiarito dalla Cassazione, occorre raggiungere la prova dell’attuazione di appositi mezzi fraudolenti idonei, in relazione all’età, alle condizioni di salute fisica e mentale della vittima, a trarlo in inganno e a fuorviarne la rappresentazione della realtà.

La conseguenza del dolo testamentario rilevante ai sensi dell’art. 624 c.c. è da un lato, l’annullabilità della disposizione testamentaria e dall’altro, l’indegnità a succedere ai sensi dell’art. 463 n.4 codice civile di chi ha agito con dolo incidendo e modificando il processo di formazione della volontà del testatore.

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