Era del digitale, era della tracciabilità. Siamo costantemente controllati, i nostri profili sono visibili oltreoceano e chiunque può trovarci attraverso una ricerca web. La memoria della rete è indelebile nel vero senso della parola perché i dati personali, indipendentemente dalla nostra volontà, non vengono cancellati. E le decisioni dei genitori rispetto alla diffusione dei dati sensibili dei figli minori spesso condizionano la loro privacy di domani.

La consapevolezza digitale oggi è tutto, dato che la privacy è diventata croce e delizia della vita di ognuno di noi.

Un diritto alla riservatezza ormai noto a tutti, divenuto ossimoro del concetto di tutela della sfera privata, sempre più al centro di vicende giuridiche che tuttavia rimane un diritto della personalità, un diritto fondamentale della persona, essenziale, assoluto, inalienabile ed irrinunciabile.

Percorriamo insieme alcuni tratti salienti della disciplina normativa.

  • L’Art. 8 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea ha riconosciuto il diritto alla protezione dei dati personali come diritto di ogni individuo.
  • L’Art. 1 del Codice della Privacy sancisce che “Chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano”.
  • E ancora, l’Art. 4 co. 1 lett. B del Codice della Privacy definisce “dato personale” qualunque informazione (compresi suoni, immagini etc..) che consenta di identificare la persona.

Nel momento in cui si parla di diritto alla riservatezza, è essenziale ricomprendervi:

  1. Il diritto al rispetto della vita privata di ciascuno, laddove le vicende intime della propria sfera privata debbano rimanere riservate, appannaggio esclusivo della famiglia o del singolo.
  2. Il diritto alla riservatezza delle informazioni a salvaguardia e tutela della sfera privata, affinché ognuno possa avere il controllo su tutte le informazioni e i dati riguardanti la propria vita personale.
  3. Il diritto alla protezione dei dati personali, che l’Art. 1 del Codice della Privacy riconosce come diritto fondamentale della persona e autonomo rispetto al diritto alla privacy, inteso come diritto a controllare, indirizzare ed eventualmente inibire la circolazione dei dati sensibili.

La domanda però è un’altra:

Quanto impatta la condivisione dei contenuti digitali sulla protezione dei dati personali e la riservatezza degli individui, specie se minori?

I bambini che navigano liberamente sul web, senza un controllo da parte di un adulto, per esempio, sono fortemente esposti ai pericoli della rete e al rischio della profilazione e della creazione del profilo di personalità e di utente. Sono i bambini i soggetti più esposti ai rischi perché più portati a cliccare su “accetta” senza sapere che con quel “si digitale” hanno automaticamente ed inconsapevolmente prestato il consenso al trattamento dei propri dati personali anche per scopi di profilazione e creazione di profili di personalità, offrendo agli algoritmi comportamentali ampio materiale per modellare sempre di più i contenuti di cui il bambino fruisce sul web.

E quando sono i genitori a scegliere per loro?

Poniamo il caso dei figli minorenni di personaggi dello spettacolo, influencer e così via che si ritrovano immersi nella rete per scelta dei propri genitori. Figli che, qualora un domani, dovessero scegliere un’altra carriera o semplicemente una vita fuori dai riflettori, si ritroverebbero – per così dire – coercitivamente, a vivere una vita che non è la loro, conosciuti e riconosciuti ovunque e da chiunque, lontani anni luce dall’anonimato e dalla riservatezza e soprattutto privati del diritto di crescere e scegliere una vita personale e professionale autonoma o comunque diversa rispetto a quella della famiglia.

Dall’angoscia dell’oblio all’ansia da estrema visibilità

C’è una riflessione, intensa e quanto mai vera, che ha attraversato i miei pensieri e che voglio condividere con voi, perché siamo giunti ad un vero e proprio paradosso esistenziale: fino a poco più di un secolo e mezzo fa, uno dei temi centrali dell’esistenza umana era la cosiddetta “angoscia dell’oblio”, questa paura, questo terrore di essere dimenticati che generava ansia, angoscia e che Leopardi ha espresso in maniera sublime ne “Il Canto Notturno di un Pastore Errante dell’Asia”.

Oggi, invece, uno dei temi centrali del nostro tempo è a dir poco speculare, perché viviamo nel timore della memoria della rete, con l’ansia che i nostri dati continuino a circolare anche senza la nostra volontà anche quando non ci saremo più cosicché quell’oblio, che un tempo era motivo di angoscia per chi, come Leopardi temeva di essere dimenticato, è divenuto un diritto oggetto di espressa tutela giuridica, il diritto all’oblio, ossia il diritto ad essere dimenticati!

La stessa Corte di Cassazione a Sezioni Unite con Sentenza n. 19681/2019 ha rinvenuto nella deindicizzazione una delle possibili declinazioni del diritto all’oblio, unitamente al diritto a non vedere pubblicate nuovamente notizie di fatti divulgati legittimamente in passato.

Insomma, l’eco di uno storico “che ne sarà di me?” trasformato in: “sarò io a decidere che ne sarà di me, perché anche essere dimenticato è un mio diritto”.

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