La cassazione con l’ordinanza n. 31358 del 02-12-2019 ribadisce che, nel giudizio di divorzio, la morte sopravvenuta del coniuge determina la cessazione della materia del contendere sia in relazione al rapporto coniugale che a tutti i profili economici connessi. L’evento morte, infatti, sortisce l’effetto di travolgere ogni pronuncia in precedenza emessa e non ancora passata in giudicato.
CASO
Il Tribunale Civile di Varese pronunciandosi su ricorso per divorzio, emetteva sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio, affidava figlia minore al nonno paterno con obbligo per il padre di versare un assegno di mantenimento in favore della minore affidata al nonno, di provvedere al mantenimento della figlia maggiorenne convivente e di versare un assegno divorzile in favore della moglie.
La Corte d’Appello di Milano rigettava integralmente il ricorso proposto dal marito.
Dopo la pubblicazione della sentenza d’appello veniva a mancare la moglie e il marito, interessato a mantenere lo status di coniuge separato superstite e non divorziato, proponeva ricorso per Cassazione adducendo, quale unico motivo, l’intervenuta cessazione della materia del contendere per il decesso della moglie prima del passaggio in giudicato della sentenza di divorzio.
DECISIONE
La Suprema Corte, richiamando le precedenti pronunce sul punto, ribadiva che la morte sopravvenuta del coniuge determina la cessazione della materia del contendere, con riferimento al rapporto di coniugio e a tutti i profili economici connessi, in quanto l’evento morte travolge ogni pronuncia in precedenza emessa ma non ancora passata in giudicato.
La Corte, dunque, riteneva fondato il ricorso per le domande relative agli assegni di mantenimento per il coniuge deceduto e per le figlie, e pertanto dichiarava cessata la materia del contendere con riguardo alle statuizioni non coperte da giudicato, relative alle attribuzioni degli assegni di mantenimento in favore della figlia minore e della moglie deceduta, nonché con riguardo all’onere di mantenimento della figlia maggiorenne convivente. Rigettava l’impugnazione con riguardo al capo relativo alla pronuncia di divorzio, perché la pronuncia era passata in giudicato;
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