Con l’ordinanza n. 26084 del 15 ottobre 2019, la Suprema Corte conferma il nuovo indirizzo in merito al calcolo dell’assegno di mantenimento in caso di separazione, che esclude l’utilizzo del criterio del tenore di vita come per l’assegno divorzile e chiarisce che il concetto di irreversibilità della crisi coniugale, ai fini della separazione personale dei coniugi, resta un fatto psicologico squisitamente individuale non essendo necessario che la frattura dipenda da una situazione riconducibile alla volontà di entrambi i coniugi. 

IL CASO

Su domanda di una cittadina italiana molto facoltosa, il Tribunale pronunciava sentenza di separazione personale dei coniugi nella contumacia del marito della ricorrente, cittadino extracomunitario, senza disporre alcun assegno di mantenimento, stante la condizione di autosufficienza economica di entrambe le parti. 

La sentenza veniva impugnata dal coniuge, rimasto contumace, il quale chiedeva che il giudizio fosse  dichiarato nullo per non essere stato convocato a presenziare all’udienza presidenziale e per l’omesso accertamento da parte del Tribunale dell’irreversibilità della crisi coniugale. 

La Corte d’Appello dichiarava nullo il procedimento senza rimettere la causa al Tribunale. Nel merito, riteneva infondata la richiesta di accertamento sull’intollerabilità della convivenza, e  disponeva a carico della moglie l’obbligo di corrispondere al ricorrente l’assegno di mantenimento di 1.500 euro. 

Il marito proponeva ricorso per Cassazione evidenziando la non irreversibilità della crisi coniugale, la particolare situazione di agiatezza economica in cui versava la moglie e la necessità che fosse disposto a suo favore un assegno di mantenimento ben più elevato e proporzionato alle reali capacità economiche della moglie anche sulla base del tenore di vita goduto in costanza di convivenza coniugale. 

La Suprema Corte rigettava il ricorso, ritenendo, l’intollerabilità della convivenza un fatto psicologico squisitamente individuale che non richiede la presenza di un conflitto riconducibile alla volontà di entrambi i coniugi, ben potendo, la frattura dipendere da una condizione di disaffezione al matrimonio anche di una sola delle parti, che renda incompatibile la prosecuzione della convivenza e ritenendo, in relazione alla domanda di riforma della decisione sull’assegno di mantenimento, che l’assegno di mantenimento abbia una funzione riequilibratrice, come tale, finalizzato a garantire non più il tenore di vita coniugale, ma l’autonomia e l’autosufficienza economica del coniuge più debole secondo quanto già previsto dalle Sezioni Unite per la determinazione dell’assegno divorzile.

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