La riapertura delle scuole è alle porte e i genitori degli studenti che preferivano alla mensa scolastica il pasto portato da casa dovranno rassegnarsi al dictatdelle Sezioni Unite della Corte di Cassazione posto con la sentenza n. 20504/2019 emessa nel mese di luglio. In accoglimento del ricorso del Comune di Torino e del Miur, con una lunga e ben articolata sentenza, infatti,  le Sezioni Unite della Cassazione hanno stabilito che non esiste un «diritto soggettivo» a mangiare il panino portato da casa «nell’orario della mensa e nei locali scolastici» e sottolineato che  la gestione del servizio di refezione è rimesso «all’autonomia organizzativa» delle scuole. Per i giudici di legittimità i genitori degli studenti non possono pretendere che le scuole si organizzino per far consumare ai ragazzi un pasto diverso da quello offerto dalla mensa scolastica. Gli Ermellini hanno evidenziato nella sentenza come il pasto portato da casa possa essere una «possibile violazione dei principi di uguaglianza e di non discriminazione in base alle condizioni economiche, oltre che una possibile violazione del diritto alla salute, tenuto conto dei rischi igienico-sanitari di una refezione individuale e non controllata». Rimane fermo, comunque,  che i genitori possono sempre influire sulla gestione del servizio mensa, ivi compresa la tipologia di cibo, attraverso l’apposito procedimento amministrativo. 

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